Con il nuovo singolo “Poveri Noi” e con una parte della nostra ricerca sonora desideriamo costruire un ponte metaforico verso la città di Bihać, nel nord-ovest della Bosnia-Erzegovina, dove si raccolgono da tre anni migliaia di persone migranti che sognano di raggiungere l’Europa. Per posare la prima pietra di qualsiasi ponte è inevitabile cominciare nel punto in cui ci si ritrova e, infatti, la strofa all’inizio del brano si apre con la frase “Poveri noi che abbiamo tutto”. Un concetto paradossale, che vuole spingerci a riflettere sulla scala di valori che ci impone la società in cui viviamo, sul materialismo e l’opportunismo, sulle cose che consideriamo importanti nel quotidiano; ma si tratta anche di un’esortazione a pretendere e dare di più. La canzone si muove, quindi, su due traiettorie apparentemente distanti, ma destinate sempre a incrociarsi: se da un lato il testo descrive con ironia la condizione di privilegio di cui godiamo noi occidentali, dall’altro parole e musica diventano strumenti utili per dare una voce agli invisibili che abitano o sono in transito su terre di confine lontane. Dalla primavera del 2018 la Bosnia nord-occidentale è diventata la via principale per la popolazione che percorre la rotta balcanica, con il conseguente allestimento di campi e centri d’accoglienza in tutta la regione, oltre a campi abusivi nei boschi e a rifugi improvvisati nelle molteplici strutture in abbandono. All'inizio la comunità locale ha provato empatia per le persone migranti, ma con l'aumentare del flusso è cresciuto un nuovo sentimento "anti-immigrazione". Oggi, questa situazione porta a problemi come paura, indifferenza o reazioni violente. I Balcani sono il limes oltre il quale vengono a mancare le certezze, un’area geografica così vicina a noi da trasformare tutte le nostre fortune e ricchezze solo nell’altra faccia beffarda della povertà. Attraverso le immagini del videoclip, realizzato con la regia di Cesare Ambrogi, la produzione e il coordinamento di Nicola Veronesi e la progettazione grafica di Boredom Ravers, raccontiamo la nostra esperienza in Bosnia, con lo spirito di chi osserva le cose del mondo con occhi non velati dall’odio. Per questo, insieme all’uscita di “Poveri noi”, abbiamo attivato una raccolta fondi in cooperazione con One Bridge To Idomeni, onlus veronese che da anni opera a supporto delle persone in movimento lungo la rotta balcanica. L’obiettivo a breve termine è contribuire alla nascita di un centro giovanile a Bihać, grazie all’impegno delle ragazze e dei ragazzi di U pokretu, una ONG bosniaca costituita da giovani del posto desiderosi di valorizzare il potenziale della popolazione cittadina. Tramite attività educative e ricreative questa organizzazione mira a sensibilizzare la comunità locale su temi sociali come l'inclusione, la condizione dei rifugiati presenti sul territorio, lo sviluppo sostenibile e la cittadinanza attiva. La città, assediata per tre anni durante le guerre civili jugoslave degli anni ’90, conta oggi circa 30.000 abitanti, rispetto ai 56.261 del censimento del 2013. Negli ultimi sette anni quasi la metà della popolazione è emigrata, principalmente in Germania e Austria. La disoccupazione e la mancanza di prospettive spingono la maggior parte delle persone a cercare lavoro all'estero o all'apatia. La somma ricavata dalla nostra raccolta fondi servirà per un progetto di rigenerazione urbana, che si propone di riabilitare gli spazi all’interno di uno stabile dismesso di epoca jugoslava, dove U Pokretu potrà sviluppare le suddette attività. Nel medio-lungo periodo noi, come ULULA & LaForesta, coinvolgeremo colleghe e colleghi artisti per dare vita a laboratori musicali, culturali e creativi da svolgere proprio nel centro giovanile. Di certo, le nostre energie non bastano: non una canzone, non un videoclip, non un singolo gesto di solidarietà per trasmettere la forza, le sofferenze e le contraddizioni di quei luoghi. Intanto, però, accendiamo una luce.
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